Modugno, il sentiero dei carrubi: per riscoprire gli antichi alberi del "cioccolato dei poveri"
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venerdì 7 novembre 2025
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di Caterina Palumbo - foto Paola Grimaldi
Nel corso degli anni infatti si è perso interesse per i bacelli del carrubo (le carrube), che un tempo erano utilizzati come mangime per gli animali e usati in cucina come sostituti del cacao o addensanti. Questi alberi sono quindi stati man mano rimpiazzati da colture più redditizie, anche se ultimamente si sta registrando una rinnovata attenzione dell’industria alimentare nei confronti della pianta.
Proprio per riscoprire la storia dei carrubi ci siamo uniti all’associazione “Sentieri Modugnesi” che da due anni, ogni domenica, organizza passeggiate gratuite in campagna per valorizzare il patrimonio naturalistico e rurale della Terra di Bari. Uno dei loro percorsi si chiama proprio il “sentiero verde dei carrubi” e si snoda per quasi quattro chilometri nell’agro compreso tra Modugno e Bitetto, svelando imponenti alberi secolari. (Vedi foto galleria)
Il luogo dell’appuntamento è la stazione di Modugno, lì dove facciamo la conoscenza di Patrizia Bruno e Domenico Caporusso, membri dell’associazione. Le nostre guide ci indicano dei cartelli che segnalano i cinque percorsi da loro ideati: “Urbano”, “Madonna della Grotta”, “Casale fortificato Balsignano”, “Cammino Materano” e “Sentiero verde dei carrubi”.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Noi seguiamo quest’ultimo, che ci porta su un vecchio tratturo circondato da ulivi e fichi d’india. «Stiamo camminando su un tratto della vecchia via Traiana, la strada romana che collegava Benevento a Brindisi aperta tra il 108 e il 109 d.C.», avverte Patrizia.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«Fino a non molto tempo fa questo sentiero era pieno di rifiuti: poi siamo venuti noi e con l’aiuto dell’amministrazione comunale siamo riusciti a ripulire la zona», sottolinea Domenico.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Dopo qualche minuto di cammino ecco stagliarsi sulla nostra destra, praticamente adiacente alla strada, il primo maestoso carrubo: le sue lunghe foglie color verde scuro sembrano quasi disegnare un cuore. Ha almeno cento anni: lo si capisce dal suo tronco che ha una circonferenza di più di tre metri.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Tra i rami notiamo i frutti che pendono: sono baccelli allungati e leggermente curvi di colore marrone scuro. «Un tempo infatti il carrubo veniva scherzosamente chiamato albero delle corna», spiega Domenico.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Le carrube avevano una grande importanza nella quotidianità contadina. Servivano infatti a sfamare gli animali, soprattutto asini e cavalli: essendo ricchi di zuccheri naturali, proteine, sali minerali oltre che di fibre, rappresentavano un alimento economico e molto energetico per le bestie da lavoro e da allevamento.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ma non solo. C’erano anche industrie che essiccavano e macinavano i baccelli per ricavarne farina usata come addensante o sostituto del cacao. Durante la lavorazione e la cottura i baccelli rilasciavano un odore penetrante, simile a quello di zucchero bruciato o melassa: era molto riconoscibile e rimane legato alla memoria olfattiva di tanti paesi.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«I frutti venivano anche chiamati il “cioccolato dei poveri”, visto che il loro sapore dolce ricorda quello del cacao – racconta Patrizia –. Un tempo addirittura i bambini li mangiavano crudi raccogliendoli dai rami, come se fossero caramelle naturali».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Dopo essere stato sostituito negli anni da colture più redditizie, il carrubo pare stia tornando in auge. «Ci sono aziende che stanno creando alcuni prodotti con i bacelli quali una crema spalmabile, degli addensanti e anche una farina altamente proteica – riferisce Domenico –. In più quest’albero è oggi anche tutelato da una legge regionale che non ne consente più l’espianto».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Proseguiamo il nostro cammino e a metà percorso incontriamo un vero e proprio “monumento”: il carrubo-icona dell’intero percorso. «È un albero che avrà perlomeno 700-800 anni», afferma Patrizia.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Si tratta di un carrubo alto almeno 15 metri e con una fitta chioma larga più di dieci metri. Presenta un tronco possente, largo e contorto. La sua corteccia color cenere appare rugosa e screpolata, segnata da profonde fessure che raccontano i secoli trascorsi. Sembra quasi scolpito dal tempo, con cavità, nodi e rigonfiamenti che trasmettono solidità, resistenza e maestosa eleganza.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Il carrubo gronda di frutti: ne troviamo tanti anche sul terreno circostante. Raccogliamo così un baccello, lo spezziamo e lo apriamo, notando come all’interno contenga dei semi che sembrano olive dal colore marrone.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«Questi chicchi – illustra Domenico - si riteneva avessero un peso uniforme di circa mezzo grammo e in antichità venivano utilizzati come unità di misura per materiali preziosi quali l’oro. La parola “carato” del resto dovrebbe far riferimento proprio al seme di carruba, chiamato dagli arab quirat».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Giungiamo infine all’antichissimo casale fortificato di Balsignano, accanto al quale sorge un altro carrubo: è più giovane ma non meno maestoso e florido.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«Abbiamo scelto di dedicare un sentiero ai carrubi per spiegare la loro importanza – concludono le nostre guide prima di salutarci –. Si tratta di alberi che riescono a sopravvivere alla mancanza di acqua e alle elevate temperature. Penso che dovremmo imparare da loro imparare a “resistere”: non solo al tempo, ma alle avversità della vita».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Qui il link della pagina facebook “Sentieri Modugnesi”
(Vedi galleria fotografica)
© RIPRODUZIONE RISERVATA Barinedita

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